Peace&Food

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Berlino. Alex Assali, un rifugiato siriano per ringraziare l’ospitalità del Paese che l’ha accolto, cucina cibo della sua terra per i senzatetto della città.

Milano. Mohammed, rifugiato siriano, 35 anni. Prima che la guerra scoppiasse, aveva una azienda di catering e oggi, grazie anche ai volontari di Sos Emergenza rifugiati Milano, è un personal chef che porta a domicilio i profumi e i sapori del suo popolo.

Dal 2011 lo Stato di Alex e Mohammed è martoriato da indicibili violenze, dimenticato dalla comunità internazionale e oggetto di bieche polemiche su quale nazione debba, o no, ospitare questa popolazione in fuga dalla sua stessa casa.

Ma la terra di Alex e Mohammed non è questo.

Sotto le macerie, cui i nostri occhi sono ormai tragicamente abituati a vedere , vi è una delle Nazioni con più storia al mondo. Un Paese cui appartengono città millenarie e tradizioni antiche. Proprio tra queste ultime, trova un posto di rilievo quella gastronomica siriana, facente parte della cucina Levantina,  tradizionale nelle zone del Medio Oriente che vanno dalla Turchia meridionale fino ad arrivare ad Israele.

Influenzata da quella ottomana e francese,  la cucina siriana ha tratto profitto dell’apporto di altre cucine per migliorare ed aggiungere tocchi estetici ed un gusto tipico ai numerosi piatti propri.  Il risultato è una grande varietà in gusto ed in colore, fatta di materie prime semplici e prodotti freschi,  che va ad allinearsi alla regola coranica: “Nutritevi di ciò che la terra produce di buono e sano”.

Attorno alle due principali città,  Damasco e Aleppo, sono nati i due filoni culinari principali del Paese. Chammyyeh (damasceno,  dalla gente di Damasco chiamata Cham) è l’aggettivo che identifica i piatti della capitale. Tipico è Il Fetteh chamiyyeh ,  piatto a base di pane siriano raffermo o grigliato, fatto a pezzetti, dove vengono disposti ad arte carne e legumi.  A completamento del piatto si aggiunge burro arabo fuso ed olio d’oliva, decorando il tutto con pinoli e pistacchi. C’è poi un vero e proprio culto per gli antipasti (di cui sono fedele discepolo),  le Meze o Mezze, composti da un grandioso assortimento di piatti a base di verdure crude e cotte come melanzane,  insaporite da cipolle e pomodori, barbabietole o zucchine.  Le insalate proposte vengono generalmente condite con olio d’oliva e succo di limone o aceto; per le Mezze a base di verdure cotte viene aggiunto, specie per le olive e le melanzane, pepe o harissa, una tipica salsa derivata dal peperoncino.

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Aleppo rappresenta la punta d’eccellenza, con una gastronomia ritenuta tra le più raffinate del Medio Oriente.  Il Kebbeh aleppino è un piatto composto da burghul (grano essiccato siriano),  carne tritata e spezie, dalla forma di un arancino. Può essere cucinato in differenti  modi: come fritto nell’olio d’oliva o grigliato e, in quest’ultimo caso,  viene presentato in  forma di  hamburger.  Rinomati  i dessert, conosciuti per la particolare composizione e per le forme originali, nonché per la ricca farcitura e l’aroma. Vengono generalmente messi a marinare nell’acqua di rose oppure nei fiori d’arancio. L’ Al-Mabroumeh (pasta farcita di pistacchi di forma cilindrica e rosolati su caramello liquido) ne è un calorico esempio.

Per raccontare la cultura gastronomica delle due città ho volutamente utilizzato  il presente come forma temporale. Va però aggiunto un tempo verbale molto più importante: il futuro.  Le due città, simbolo di recenti orrori, torneranno ad essere punti di riferimento per la storia dell’uomo come lo sono state fino ad oggi e la mia speranza, che è anche la mia convinzione, è che un giorno non lontano, le donne e gli uomini come Alex e Mohammed torneranno in una patria serena, risorta dalle macerie della guerra contribuendo alla rinascita della Siria, anche grazie ai loro grandi piatti.

Che noi, ovviamente, assaggeremo.